I Colli Euganei
Il viaggiatore che percorre la pianura nei pressi di Padova vede apparire strani colli, come iceberg in mezzo al mare, che si estendono per una ventina di chilometri da nord verso sud. Non sono iceberg, anzi nacquero come tanti vulcani dal fondo di quello che allora era un mare. Essendo giovani, hanno mantenuto i lineamenti delle loro forme iniziali, e si sono ricopertidi una vegetazione fitta ed intensamente verde. Con la nebbia si passa senza vederli, ma con il tramonto di una bella giornata d' inverno appaiono netti e maestosi, grandi e silenziosi, in mezzo alla pianura. Attorno ad essi varie sono le tappe che il nostro itinerario tocca: Abano Terme, Montegrotto Terme, Torreglia, Galzignano Terme, Arquà Petrarca, Cinto Euganeo, Teolo.
Abano Terme
Non esiste, qui, uno stabilimento curativo principale. Ciascuno degli oltre 100 pozzi viene fatto sfiatare nel terreno di ogni singolo albergo, al quale è affidato lo sfruttamento del demanio. La cosa si riflette in un assetto dell'abitato privo di centro, essendo stato superato dai fatti il ruolo aggregatore del millenario Duomo, con facciata neoromantica risalente al 1967. La vita gravita allora sul verde del lungo viale delle Terme. La successiva via Pietro d'Abano porta la Montirone, modesto rilievo sui cui già in epoca romana funzionava una fonte termale; vi sorge dai primi del '900 un colonnato corinzio, d'accesso a vasche non più in uso; la colonna dorica fu innalzata nel 1825 in onore dell'imperatore d'Austria.
Dal viale maggiore, via Montirone indirizza a Monteortone, dove il santuario della Vergine ricorda il luogo del rinvenimento (1428) di un'immagine ritenuta miracolosa. Di rilievo, nel presbiterio della chiesa rinascimentale, i bassorilievi di Alvise Lamberti e gli affreschi di Jacopo da Montagnana e scuola, nonché l'armoniosa abside a fregi; nella cappella a sinistra del presbiterio, Crocifisso di Palma il Giovane.
Montegrotto Terme
E' nella ex San Pietro Montagnon, questo fino al 1934 il nome del paese, che rimane visibile la principale area archeologica degli Euganei, testimonianza di utilizzi termali già in epoca pre-volgare: vasche e canalizzazioni di età repubblicana e augustea, collegate a un piccolo teatro, si rintracciano a breve distanza dall'imponente Parrocchiale post-bellica. Vere attrattive locali restano il verde e le piscine degli alberghi.
Verso Arcquà Petrarca
Origini romane vanta Torreglia, da dove si può raggiungere Luvignano, dove si può ammirare la massiccia ma elegante villa dei Vescovi poi Olcese, progettata da Bartolomeo Bon, fu ripresa nel 1532 su disegni di Giovanni Maria Falconetto e compiuta nel 1579; la chiesa conserva la pala di San Martino di Girolamo Santacroce del 1527; oppure salire verso Torreglia Alta e poi tra boschi all'eremo di Rua, insediamento camaldolese di clausura istituito nel 1339 e ricostruito nel 1537. Non lontano da Galzignano Terme, in frazione Valsanzibio, è lo scenografico accesso alla cinque-seicentesca villa Barbarigo, detta Bagno di Diana e accessibile in barca prima che interrassero il canale; il giardino è una simmetrica creazione all'italiana iniziata nel 1699, con planimetria rettangolare, senza dislivelli e animata da fontane, isolotti, peschiera e labirinto.
Arcquà Petrarca
L'abitato e il suo contesto collinare sembrano essere poco mutati da quando Francesco Petrarca li scelse per trascorrere gli ultimi quattro anni di vita ed esservi sepolto. L'impianto medievale e la natura sono ben conservati attorno alla piazza-sagrato, dove dal 1389 sorge il sepolcro di Petrarca, con busto quattrocentesco del poeta.
Dalla millenaria Parrocchiale, oggetto di ampi lavori nel '600 e a fine '800, si sale per via Roma incontrando la piazzetta con la loggia dei Vicari, in origine coperta e collegata all'oratorio della Trinità, del secolo XII ma ampliato nel XIV. Poco più in alto e la casa di Petrarca, restaurata negli anni '20 del XX secolo e strutturata attorno alla sala dal soffitto trecentesco: a sinistra si aprono le porte della camera da pranzo (il camino è del '500) e dello studio (la poltrona e la libreria sono originali), sulla destra la sala del camino (con fregio, focolare cinquecentesco e busto in terracotta di Lucrezia ricordato già nel '400) e la camera cosiddetta delle visioni. La Casa del Petrarca, inoltre, custodisce mobili e cimeli originali, oltre alle riedizioni dei testi del Petrarca, tra le quali alcune prestigiose del Canzoniere. Una documentazione fotografica sulla vita del Petrarca è stata allestita in occasione del sesto centenario della morte.
Sulla 'Via montanara'
Così veniva chiamato l'antico tracciato che congiungeva Este a Padova, conosciuto e utilizzato già in età paleoveneta come documentano i ritrovamenti di reperti archeologici neolitici.Cinto Euganeo si raggruma attorno a una Parrocchiale anteriore al Mille ma ricostruita nel '500 e nel '700. Prima di imboccare la provinciale per Vò, si rasenta alle pendici del monte Cinto il Museo Cava Bomba del Cinto Euganeo, allestito nell'omonima ex fornace (1882) per illustrare l'importante produzione di calce.
Teolo, la latina 'Titolum', i vicari veneziani risiedevano nel palazzetto cinquecentesco con loggia e torre dell'Orologio (il congegno è del 1543) ora Biblioteca comunale. Nella parte alta dell'abitato, la parrocchiale di Santa Giustina, rifatta nel '700, ha però conservato il campanile quattrocentesco; dal piazzale, una strada conduce al parco Lita Carraresi, area boschiva protetta per il rilievo naturalistico.
Abbazia di Praglia
Fondata dai Maltraverso di Vicenza e ricordata la prima volta nel 1117, fu legata dal 1124 ai Benedettini di Polirone nella Bassa mantovana, autonoma dal 1304 e dal 1448 unita al monastero padovano di Santa Giustina, cui deve l'attuale assetto degli edifici; due volte soppressa, prima da Napoleone e poi dallo Stato italiano, tornò benedettina nel 1904.
La chiesa dell'Assunta è sorta probabilmente su disegno di Tullio Lombardo, senza sacrificare il campanile del precedente edificio tardoduecentesco; nell'interno, classicamente rinascimentale, sono dipinti di scuola veneta, un Crocifisso ligneo di cerchia giottesca (altare maggiore) e affreschi cinquecenteschi (catino dell'abside). Il monastero fu anch'esso ricostruito nella seconda metà del '400 attorno al chiostro pensile, cui si accede lungo uno scalone settecentesco che sale dal chiostro botanico, già 'hortus cinctus'. Si passa infine al refettorio grande, con tele di G.B. Zelotti, notevole un ligneo barocco e, di sfondo, una Crocifissione di Bartolomeo Montagna (1499-1500).